CIAO, SONO MATTEO
La mia mamma e il mio babbo scriveranno al posto mio, io non posso, ma gli trasmetterò le mie emozioni, la mia felicità standogli vicino.
Sono nato il 18 maggio 2012, pesavo 3,6kg, bellissimo, perfetto, un bel moretto.
Ma non volevo attaccarmi al seno, mamma aggrottò le sopracciglia, dopo poco inizia a succhiare. Il mio indice apgar era 9/10.
Ci portarono in stanza a riposarsi un po’, che dire……babbo e mamma erano al settimo cielo, gli ho fatto il regalo dell’anniversario, è… si sono nato proprio il giorno che loro si sono sposati (4 anni prima).
Ma con il tempo avrebbero scoperto che gli avevo fatto anche un altro regalo…. quello di essere un raro, un stxbp1.
Ma no io sono Matteo, orgoglioso di me stesso.
Nelle 24 ore dalla nascita inizia a tremare tutto, labbra, palpebre, mani ed emettevo dei mugolii, durarono pochi secondi, mia mamma si insospettì, ne parlò con i medici, ma come spesso succede passò per una mamma apprensiva, così trovarono un sacco di scuse per non approfondire ciò che avevo fatto.
Dopo tre giorni, ci mandarono a casa, mamma era sempre più insospettita, parlando con la pediatra le disse di appuntare in una agenda tutto quello che facevo e quanto duravano, ma questi tremori sparirono nel giro di una settimana ed arrivarono delle inarcazioni con stiramento degli arti, molto strani anche quelli, ma sparirono anche loro dopo una settimana.
Mamma sempre più insospettita; sentivo la sera parlare con babbo che c’era qualcosa in me che non andava, anche perché io sono il terzo figlio… ho due splendide sorelle Margherita e Caterina, la fortuna di essere il più piccolo è che sono sempre coccolato, poi che dire mene approfitto un po’ della situazione prendo più baci io che tutto il resto della famiglia.
La mia prima visita ad un mese dalla nascita facevo tutto, tenevo la testa, facevo la marcia, tutto quello che doveva fare un neonato, però, piangevo sempre, i miei erano disperati, non capivano cosa avessi.
Un pomeriggio mi trovai a casa della mia cugina pediatra che volle osservarmi mentre mi attaccavo al seno e soprattutto perché piangevo.
Da lì per un mese circa non sono più tornato dalle mie sorelle.
Mi ricoverarono per degli accertamenti, perché oltre a non attaccarmi al seno mi irrigidivo tutto.
In ospedale pensarono che potessi soffrire di reflusso, oltre a non attaccarmi vomitavo quel poco che deglutivo, così provarono con il latte artificiale ma non cambiò nulla, anzi, perdevo peso.
In quei giorni di ricovero il corpo iniziò a scuotere tutto, da una parte all’altra con la saliva alla bocca, tremori alle palpebre, mugolii, braccia rigide…non controllavo più il mio corpo.
Dopo qualche minuto, passò e mi addormentai, mamma di corsa chiamò il medico ed iniziarono tutti i controlli, avevo tanti estranei in camice bianco intorno a me, capirono che la situazione non era della migliore, mi sedarono e per alimentarmi mi misero il sondino naso gastrico e mi trasferirono in un altro ospedale, dove, dopo altri controlli ci mandarono a casa con una presunta sindrome di Ohtahara perché nel mio eeg erano presenti le suppresion-burst.
La cosa positiva è che mi tolsero il sondino e piano piano mi attaccai di nuovo al seno.
Finalmente a casa, che bello non piangevo, mangiavo e venivo coccolato, però le medicine mi tenevano sempre molto assuefatto, non capivo, ma sentivo la mia famiglia molto triste, piangevano spesso.
Iniziarono a fare molte ricerche per trovare il modo di aiutarmi, di portarmi ad essere un bambino come gli altri.
Sono stato in alcuni ospedali e dove non andavamo di persona mandavano lettere con la mia storia.
Beh! non lo ero e non lo sono, io sono Matteo.
Sentivo quando ero in pancia di mamma parlare di quello che avrei fatto da grande o quello che sarebbe piaciuto a loro che facessi, e li sentivo ridere per questo….le sorelle poi, litigavano per chi mi avrebbe insegnato a fare le semplici cose o con chi avrei giocato.
Che dire, credo che tutti i genitori si aspettano qualcosa di perfetto di diverso, pensano di insegnare la vita ai propri figli, invece qui sono io che insegno la vita, insegno ad essere orgogliosi nelle difficoltà che affrontiamo nella vita quotidiana, ma soprattutto a gioire nei piccoli traguardi, come riuscire a rotolarmi o a stare seduto o persino a prendere il cibo e a portarlo alla bocca.
Non ho mai detto che sarebbe stato facile, vivere con me, ma voglio essere ottimista, pensare al bicchiere sempre mezzo pieno….di vino, e gioire, ridere sempre.
So che non è facile perché non sto bene di salute, ma per adesso non ci ha fermato nessuno, abbiamo sempre cercato di fare vita normale sia fuori che dentro casa.
Spesso ci buttiamo giù perché sono molte le cose per cui bisogna lottare tra burocrazia, ricerca delle persone giuste per apportare miglioramenti alla mia autosufficienza, la scuola, ma l’importante è prenderla con armonia.
Poi adesso abbiamo trovato anche un gruppo di famiglie con bimbi con la mia stessa mutazione che ci danno forza e sapete un’altra cosa credo che scrivere queste poche pagine mi abbia dato un senso di sollievo e di felicità perché mi sono aperto con le persone che sanno di cosa sto parlando.
Grazie. Tutti insieme faremo grandi cose.
Una frase che spesso sentivo dire da mia madre è il dispiacere di sapere che io non avrò la preziosa occasione di vivere la mia vita con la consapevolezza del resto del mondo che mi circonda, perché non avrò mai una storia d’amore, non progetterò il mio futuro.
Beh! io alla mia mamma dico, come spesso gli dice anche il mio babbo: “la vita di Matteo me la fate vivere voi, la mia storia d’amore siete voi, il mio progetto futuro siete voi… la mia famiglia, che mi supporta in ogni mio traguardo, e gioisce per ogni mio risultato.”
Matteo, mamma Maila, babbo Giacomo e le mie sorelle.