STXBP1 è una delle proteine che fa parte di un complesso che permette ai neuroni di comunicare tra di loro attraverso il rilascio di neurotrasmettitori. In particolare, STXBP1 aiuta altre proteine importanti a interagire nel modo giusto per far sì che le vescicole che contengono “il messaggio” (neurotrasmettitore) vengano attirate verso la membrana cellulare ed il loro contenuto venga espulso fuori dalla cellula, in modo che possa andare a stimolare l’altra cellula ricevente il messaggio.
Si tratta di un meccanismo molto preciso e sensibile, per cui se uno qualsiasi dei suoi ingranaggi si guasta, il meccanismo non funziona più, oppure funziona in modo anormale.
Ed è proprio quello che succede all’ingranaggio STXBP1 quando una delle due copie di geni STXBP1 che abbiamo viene danneggiata: la proteina viene ancora prodotta dalla copia di gene sana, ma la quantità non è sufficiente per garantire l’ottimale funzionamento del meccanismo. Oppure, la copia di gene danneggiata produce una quota di proteina anormale che compromette il meccanismo. Questo fa sì che si crei un grande sbilanciamento nelle comunicazioni eccitatorie ed inbitorie tra i neuroni del cervello.
Nel caso di carenza di STXBP1, le conseguenze su questo sbilanciamento sono molto ampie, purtroppo. Nella maggior parte dei casi, il primo sintomo che si manifesta sono crisi epilettiche, spesso nei primi giorni di vita, che sono resistenti ai farmaci. Successivamente diventano evidenti un rallentamento o un’assenza delle tappe di sviluppo psicomotorio del bambino. Dall’infanzia in poi, l’evoluzione di tutti i bambini con mutazione in STXBP1 include una disabilità intellettiva importante. Più vari sono gli aspetti epilettologici e neurologici in senso lato. Le crisi epilettiche possono perdurare fino all’età adulta, oppure essere parzialmente o totalmente tenute sotto controllo con farmaci, oppure possono risolversi da sé. Dal punto di vista dello sviluppo, vediamo un ampio spettro di situazioni, che vanno dall’acquisizione seppur incompleta di alcune capacità (camminare, dire qualche parola, mangiare da soli) all’assenza totale di tono muscolare e contatto visivo, con a volte necessità di nutrizione artificiale. Non sappiamo ancora quali siano i fattori che determinano questa diversità di prognosi tra i bambini con mutazioni in STXBP1, ma questo è sicuramente uno degli aspetti che medici e ricercatori stanno indagando.
Gli approcci terapeutici che abbiamo a disposizione ora sono quelli “sintomatici”, ovvero indirizzati alla risoluzione del sintomo, come possono essere i farmaci anti-epilettici per le crisi. Un altro approccio molto importante quello (ri)abilitativo, in questo caso volto a massimizzare le possibilità di sviluppo psicomotorio del bambino e/o a prevenire complicanze di vario genere. Queste terapie coinvolgono molti professionisti sanitari come neuro-psicomotricisti, fisiatri, dietologi, logopedisti, educatori, fisioterapisti… con lo scopo ultimo di migliorare e normalizzare la vita quotidiana dei bambini affetti. Questo approccio fa leva sul fatto che il cervello dei bambini possiede capacità plastiche che potrebbero essere sfruttate anche in questo tipo di patologie, seppur con risultati molto variabili purtroppo.